1 - LA STELLA
La
luna. Lei amava sdraiarsi sulla spiaggia verso sera, quando la notte stringeva
il mondo fra le sue grandi braccia, e guardare la luna, il cielo prima infuocato,
poi blu, infine quasi nero come il nulla dentro di lei, e le stelle; voleva
perdersi in quel gioco segreto di sguardi tra lei e la luna, il grande occhio.
Era questo: un occhio gigante, la luna; scrutava, controllava tutti e di tutti
conosceva pensieri, follie, amori e delusioni. Lo sentiva addosso quell’occhio:
anche quando non poteva vederlo lo sentiva con sé, dentro di lei e
nell’aria evanescente. Non le dava fastidio, anzi la aiutava a sentirsi
meno sola, sempre vegliata da qualcuno. La solitudine le faceva paura, anche
se si era volontariamente esclusa dal mondo degli altri e non faceva entrare
nessuno nel suo; viveva una realtà parallela, diversa e forse migliore,
che lei sola conosceva.
La luna era qualcosa di più di un freddo satellite: sentiva la sua
presenza, stringeva la sua mano, vedeva il suo sorriso. Le piaceva la notte
così scura e silenziosa, discreta e taciturna, quel poter stare veramente
sola con sé stessa, solo lei e la luna, perdersi fra i pensieri e i
ricordi, giocare con loro e provare di nuovo emozioni lontane. La notte accentuava
la solitudine intesa come essere veramente e unicamente sé stessi.
Pensava che di notte ognuno fosse solo: che uno sia sveglio o che dorma, di
notte non ci sono i rumori, la folla di voci indistinte che si perdono nel
vento, il formicolare di persone senza volto né anima. Chi dorme sogna
i suoi sogni, diversi da quelli di un altro e solo suoi. Al mattino li dimenticherà
o non li saprà raccontare perfettamente e rimarranno un segreto che
appartiene a lui soltanto. Chi passa le notti guardando il cielo o il soffitto
di una stanza riflette, pensa, ma da solo. Anche quando si è in compagnia,
la notte è comunque diversa dal giorno: non si è in mezzo a
gente sconosciuta, ma con qualcuno che si conosce bene. Non era accettabile
per lei che durante la notte, in quel raccoglimento quasi mistico che porta
alla pace interiore, si stesse con estranei: solo con una persona cara si
poteva essere; ed è bello stare con un amico, se ce n’è
uno. La luna, certo, la considerava sua amica, ma con la luna non si può
ragionare né litigare per poi far pace. Con la luna poteva solo dividere
la sua silenziosa, immensa inquietudine. I pensieri li teneva tutti dentro,
ma loro turbinavano, scalciavano, non la lasciavano in pace: aveva bisogno
di spingerli fuori dalla sua anima, di parlarne con qualcuno; ma con chi?
Non tutti capiscono, capire veramente è difficile e lei temeva di essere
fraintesa. La luna però le dava sicurezza, una sorta di protezione
che le serviva per sentirsi un poco più sicura di sé stessa.
La conosceva bene lei, la luna; in ogni particolare: aveva visto tante foto, letto tante cose sull’argomento che però le sembravano solo inutili parole, scritte da chi ragiona con la mente e non col cuore. Per lei era più che un oggetto di studio: era un’entità, un’idea... le piaceva guardarla mentre era sola e lontana dalle luci del mondo, direttamente e non attraverso immagini filtrate dai libri. Conosceva tutte le sue sfumature, le sue rugosità e i suoi umori, il suo essere impercettibilmente diversa ogni notte come in fondo ognuno di noi. Quando era piena e rotonda, allora il suo occhio era spalancato e guardava con avidità e curiosità la terra vegliando su di lei. Quando era solo uno spicchio, un fragile frammento, allora il suo occhio era socchiuso perché forse era stanca, ma non smetteva di vigilare sulla notte, sulle cose e sulla gente. Quando era luminosa (ma mai accecante come il sole, che non si può guardare) trasmetteva gioia, quando era pallida e diafana sembrava malata.
Amava la notte e odiava il giorno, quel sole sfrontato e arrogante, geloso della sua luce, testimone dell’irragionevole frenesia di cui è vittima il genere umano, quel giorno che le portava via la luna, la celava alla sua vista. Però la sentiva sempre accanto come se lei fosse ovunque: impercettibile, invisibile ma c’era. Giocava con la luna, con la sua immagine riflessa nell’acqua: la fissava, le tirava piccoli sassi gentili (non voleva farle male) per vederla sfumare, perdere i suoi originari contorni e acquistarne di nuovi. Quando c’erano le onde, la luna sembrava danzare e lei danzava con la luna.
Come e forse più della luna le piacevano le stelle: erano molte e bellissime, tutte diverse tra loro, e sembravano ballare, ridere, divertirsi... come avrebbe voluto che il cielo fosse così vicino da poterle toccare, per provare a giocarci saltando dall’una all’altra... però non le sentiva amiche, non le sentiva sue. Avrebbe voluto trovare la sua stella, chissà dove si nascondeva... è difficile trovare la propria stella. Per lei la sua stella sarebbe stata diversa dalle altre, avrebbe brillato di più, le avrebbe anche parlato e lei vedendola avrebbe sentito scoppiare un incendio dentro... chissà se sulla terra qualcuno cercava come lei la sua stella e se qualcun altro fortunato l’aveva già trovata... e intanto sperava ogni sera e chiedeva alla luna la sua stella e forse anche qualcosa di più.
La vita di ogni giorno le sembrava così falsa, confrontata con quella di notte! Trovarsi intrappolata in gesti e parole scontate, senza senso, obbligate e sempre uguali... aveva talmente tante cose da fare, durante il giorno, che le mancava il tempo per pensare e non le sembrava più di essere ancora lei. La sua identità svaniva come per incantesimo di giorno, perdeva sé stessa per poi ritrovarsi la sera. Il giorno non le apparteneva, era la vita di un’altra e non la sentiva sua. La vita di giorno non era così importante... e senza dubbio noiosa.
Il tempo procedeva sempre lento, e ci furono giorni in cui dormì persino sulla spiaggia per non abbandonare quel cielo che dalle pareti di casa sua gli sarebbe stato negato; usciva anche sotto la pioggia che la bagnava totalmente e non temeva i fulmini e i tuoni perché sapeva che la luna la proteggeva. Una notte poi cominciò a camminare sul bagnasciuga per ore e ore, il tempo passava veloce e leggero mentre l’acqua timidamente le lambiva i piedi, camminava col viso rivolto verso l’alto nella vana speranza di scoprire la stella. Così per molti giorni, finché...
Stavo camminando lungo la riva, come ero solita fare, e quella notte scoprii un masso, una grande roccia che usciva dall’acqua come un naufrago stremato e si posava sulla sabbia. Solo quel masso, enorme, liscio, levigato e cavo... mi sdraiai e mi addormentai stretta fra le sue braccia. La notte seguente mentre camminavo verso lo stesso punto vidi, seduto sul sasso, un ragazzo. Mi avvicinai timorosa; lui mi fissò un po’, poi tornò a guardare il mare. Mi sedetti a pochi metri, continuando ad osservarlo incuriosita e infastidita: la spiaggia, il cielo e il mare erano stati tutte le notti miei e non era mia intenzione dividerli con un estraneo. Lui scese dal sasso e lentamente, con molta cautela, si avvicinò. Era a pochi centimetri. Non vedevo il suo viso, tenuto in ombra da un largo cappello nero, ma solo i suoi occhi che brillavano di luce propria; le sue mani erano grandi, calde, e senza che me ne rendessi conto stavano stringendo le mie. Ebbi un sussulto, indietreggiai con occhi sconcertati: mi dava l’impressione di un miraggio, di uno di quei personaggi fantastici creati dal sogno e che svaniscono nel nulla al primo raggio di sole; credevo che la sua figura si sarebbe sciolta in granelli di sabbia... mi sembrava così irreale! Rimasi, per minuti che sembravano ore, a fissarlo mentre lui fissava me con aria interrogativa, chinando il capo ora a destra ora a sinistra, e il cuore mi batteva come mai prima. Poi si decise a parlare.
«Tu eri sul mio sasso ieri, ti ho vista sai, ti sei addormentata e non ho voluto svegliarti; avevi un’aria così felice...»
«Il tuo sasso?! Scusa, io non sapevo... era così bello che... pensavo non fosse di nessuno... insomma io...»
«Avevi l’aria di una che sognava.» Sospirò. «Io... è tanto tempo che non sogno più.»
«Non ti dispiace che io abbia usato il tuo sasso, vero?»
«Dimmi, cosa sognavi?»
Sembrava non ascoltare quello che dicevo, parlava come con se stesso... o forse quello era il suo modo di ascoltare e io non lo capivo, perché appariva completamente immerso nei suoi pensieri. Decisi di accettarlo, e di rispondere alle sue domande; non so perché ma mi sentivo in qualche modo legata a lui come se lo conoscessi da una vita. "Dopo molto tempo" pensai "ho trovato qualcuno con cui parlare... "
«Sogno sempre io... un amico e la mia stella.»
«La tua stella?!»
«Sì, la mia stella. Ognuno ha la sua stella, sai, solo che bisogna cercarla e se si è fortunati la si trova, ma poi si deve stare attenti: la stella è qualcosa di così raro e prezioso... fa in fretta a scappare via, bisogna averne molta cura...»
«E così tu hai la tua stella?»
«Io... sì, so che c’è, ognuno ne ha una, anche tu, però io la mia la cerco da sempre e ancora non l’ho trovata...»
«Oh! Anch’io cerco da sempre, sai?»
«Che cosa?»
«Però non sono riuscito a trovare... credevo ieri, ma non ero sicuro, che forse tu...»
«Forse io cosa? Cos’è che cerchi?»
«I miei sogni, la mia identità, il mio destino... non so più sognare, e vorrei tanto ricordare come si fa...»
«Ma io non posso aiutarti...»
«No?!» Sembrava contraddetto. «Eppure pensavo che tu sola potessi dirmi come fare...»
«Ma io non so, io chiudo gli occhi e i sogni vengono da sé. Non credo che ci sia un modo.»
«Chiudere gli occhi! Ma se io chiudo gli occhi vedo il buio, il nulla, il freddo e la paura! E’ brutto vedere il buio, e per questo non li voglio chiudere più.»
«Ma come, tu non dormi???»
«Io? Non ne ho bisogno.»
Che strana creatura! Cominciai a dubitare che fosse vero... però l’avrei tanto voluto. Provai a sorridergli e lui ricambiò il mio sorriso; nella penombra scorsi uno sguardo dolcissimo e delicato. Sentii come una tiepida carezza sulla pelle. E’ difficile descrivere la sensazione che riempiva il mio corpo in quei momenti, un misto di felicità e paura. Fu allora che gli parlai della luna, della notte, del mio odio per il giorno, delle stelle che sentivo così lontane, di cos’è una stella personale e come si fa a scoprirla... parlai per ore e lui mi fissava e ascoltava, so che ascoltava anche se la sua espressione era persa, guardava oltre me e oltre l’orizzonte però capiva ciò che volevo dire, ciò che provavo... me lo sentivo dentro che capiva, proprio tutto. Io però non riuscivo a comprenderlo, o meglio capivo ma era tutto così strano!
«È bello che tu abbia qualcosa da cercare, qualcosa in cui credere, per cui continuare a vivere...»
«Ma io non credo di vivere bene o di vivere solo per la mia stella.»
«Certo, sarebbe straordinario. Tu cerchi la tua stella e penso che lei stia cercando te... è naturale, per trovarsi bisogna essere in due, volerlo in due... però la stella, sì... io so, credo, penso che ti abbia trovata... ma non può mostrarsi a te perché tu non hai trovato lei... e non la troverai, cara, se ti limiti a guardare il cielo: devi sentirla dentro la tua stella e guardare il mondo, trovarla negli altri, nelle persone, nelle cose, anche nel giorno, anche di giorno. Non te ne accorgerai subito però sentirai qualcosa dentro, un vago senso di felicità e completezza... e poi la sera stessa guardando il cielo vedrai una stella che brillerà più delle altre e sarà la tua, sarà sempre lì... se ne avrai bisogno ogni sera continuerà a brillare. Tu non sei ancora pronta per la tua stella e io non avrò ancora i miei sogni...»
Rimasi sconcertata, capii di aver sbagliato tutto. Lui però iniziò a correre veloce, mentre si era alzata una brezza leggera che sembrava spingerlo via da me. Ebbi paura e lo inseguii, per non perderlo. All’improvviso una nuvola nascose la luna e si fece buio; non vedevo più nulla e mi sembrò che fosse scesa una fitta nebbia, o forse erano solo i miei occhi offuscati. Lui non era più con me. Piansi molto; le lacrime troppe volte represse uscirono tutte quante insieme, e un misto di terrore e rabbia mi assalì... niente pace.
Un vento fastidioso alzava la sabbia, e dovetti chiudere gli occhi. Quando li riaprii, mi sembrò di essermi appena svegliata da un lungo sonno. Tornai alla spiaggia: il masso era scomparso. Passai le notti seguenti a cercare: se veramente gli apparteneva, dove avrei trovato quella roccia avrei potuto trovare anche lui... e invece nulla... ero sconfortata. Ripensai alle sue parole di quella sera: se volevo la mia stella dovevo ricominciare da capo, ritornare in quel mondo da cui mi ero volontariamente esclusa e vivere con un po’ più di serenità di giorno senza però perdere me stessa. Dovevo cercare con l’animo, col cuore e con una maggiore attenzione, quell’attenzione che avevo dedicato solo alla notte.
Mi misi in discussione e insieme a me stessa misi in discussione tutto ciò che mi circondava. Cercavo di entrare nelle persone, di ascoltare e capire cos’avevano dentro, qual era il significato profondo dei loro discorsi, dei loro gesti e delle loro vite, proprio come lui mi aveva suggerito. Scoprii verità terrificanti che mi inducevano a smettere, ma trovai anche capacità e forze sconosciute che mi facevano amare le persone e le piccole cose, i semplici gesti quotidiani che nessuno apprezza mai abbastanza. Incontrai tanti che come me cercavano la loro stella con gli occhi, col cuore e anche con la mente... però nessuno la trovava, o comunque pochissimi fortunati, e io per aiutarli insegnavo loro la strada. Lui la sua stella l’aveva trovata, almeno credo, però gli mancavano i sogni... dovevo tornare da lui e allora la catena sarebbe stata ricomposta...
Una sera trovai il masso ma non il ragazzo, temevo di sbagliarmi... e ci stetti vicino fino all’alba, ma nulla. La notte seguente tornai e sentivo che c’era, avvertivo la sua presenza e i suoi occhi che mi scrutavano, il suo sorriso e la carezza del suo sguardo. Allora sorrisi anch’io, timidamente, come al nostro precedente incontro. Mi distesi sul masso e dormii sognando per lui e per me, ma per lui soprattutto. Volevo riavesse i suoi sogni, i miei li avevo già avuti... non ero più sola, potevo sognare per entrambi. Il giorno dopo, al calare del sole lui era lì come allora, sul masso, con la testa sulle ginocchia e il capo inclinato, il suo cappello e i suoi occhi scintillanti... guardava il mare, ma quando gli fui vicina mi fissò e sorrise... era felice, sereno, però sembrava spaventato.
«Ho sognato, sai, stanotte. Ho sognato tramite la tua mente... grazie... io ora vorrei darti il mio regalo: la tua stella.»
Ero pietrificata.
«Guarda il cielo.»
Alzai gli occhi e trovai un piccolo puntino che brillava più degli altri. Sentii un incendio dentro... gli presi la mano, la strinsi forte e poi scoppiai a piangere; direttamente dal cuore mi uscirono parole che avrei voluto dirgli da tempo.
«Sei sicuro di non cercare, oltre ai tuoi sogni, anche qualcuno disposto a dividere con te gioie e dolori, vittorie e sconfitte, insomma la vita?»
«Ti racconto una storia, - disse col suo modo di non rispondere mai direttamente alle mie domande - ascoltami.»
«Sì, racconta: mi piace la tua voce.»
Si spostò. Silenzio. Fissò lo sguardo oltre il mio viso, oltre l’orizzonte, perso dentro di sé e dentro di me. Parlò e raccontò la storia solo per noi due, il masso e la stella.
«C’era una stella nel cielo tanto piccola che nessuno la poteva vedere. Tutti gli uomini, ma in particolare i bambini, la sera si affacciano alla finestra e guardano verso il cielo rivelando alle loro stelle desideri, paure e gioie. Nessuno però cercava di parlare alla piccola stella e lei diventava, giorno dopo giorno, sempre più triste; le sembrava di avere poca importanza, si sentiva inutile. Una notte decise di andare dalla stella più vecchia di tutta la galassia a chiedere consiglio, e dopo aver percorso moltissima strada arrivò a destinazione. Intimidita ed esitante espose il suo problema. La stella saggia l’ascoltò con molta attenzione, poi ridendo le disse: "Ma mia piccola amica, nel cielo ci sono miliardi di stelle come te !". "E allora?" rispose la stellina, infastidita da quelle parole. "Tutto ciò dovrebbe consolarmi? Non é bello sentirsi soli e non poter ascoltare ed esaudire i desideri di nessuno! Ma questo forse tu non puoi capirlo: non sai cosa significa sentirsi inutili." "Non intendevo offenderti." riprese l’altra. "Dico solo che devi avere pazienza. Arriverà il tuo momento: ogni uomo ha una sua stella personale con cui parlare e confidarsi, in cui riporre la fiducia e i segreti; non che non possa parlare anche con le altre, solo che queste non gli appartengono. La sua stella è unica per lui, diversa e speciale. Ogni volta che nasce un bimbo sulla terra qui in cielo nasce una piccola stella, invisibile, e quando il bambino cresce e capisce il significato delle stelle, quando sa come trovare la sua, guarda il cielo e senza dubbio la trova. Poi, dopo che l’anima ha concluso il suo ciclo terreno allora sale sulla stella e da quassù veglia sulle persone che le sono state vicine. Devi solo aspettare che il tuo bimbo cresca..." »
Mi prese la mano e dormimmo sul masso, con gli occhi sognanti rivolti al cielo.
In ogni luogo c’è sempre qualcuno che cerca una stella col pensiero e un’anima comune, e qualcun altro con un grande masso che cerca i suoi sogni. È raro che le persone giuste si incontrino, e quando accade lo si capisce subito ma forse non si è pronti e si perde tutto... ancor più raro è avere una seconda possibilità e finalmente essere in due: l’una trova la sua stella, che poi è nell’altra, e l’altra trova i suoi sogni che sono quelli dell’una con cui può finalmente dividere il suo masso, la sua stella, i suoi sogni, la sua vita.